Ci sono alcuni fenomeni che hanno influenzato profondamente la vita sulla Terra sin dalla sua comparsa: il succedersi del giorno e della notte, il ciclo delle stagioni, il clima e le condizioni meteorologiche.
Non è un caso che fin dall’alba della storia l’uomo si sia interrogato sulle loro cause e ne abbia tentato la predizione.
Oggi sappiamo che essi dipendono dal posto che il nostro pianeta, la Terra, occupa nell’universo e più precisamente da come si muove nello spazio, un argomento che ha affascinato gli uomini nel corso della storia e che continua a ispirarli come accenneremo nel seguito.
Lo studio del moto della Terra e dei pianeti ha riguardato molti aspetti differenti, fra cui il caos e la complessità, che sono argomento degli altri contributi presenti in questa sezione.
Per comprendere i movimenti della Terra nello spazio e più in generale la dinamica del sistema solare possiamo partire dalle forze che entrano in gioco in questo sistema ovvero su distanze di centinaia di milioni di km.
Interazioni fondamentali
Il vento che soffia fra le foglie degli alberi, la luce del Sole, il calore della sabbia di una spiaggia assolata, la neve che cade dal cielo, il volo di un insetto, le onde del mare, il fuoco che brucia la legna, in ogni momento la realtà che ci circonda è soggetta a trasformazioni. In fisica si cerca una descrizione globale di questi fenomeni, che inizia dalla terminologia adottata; si usa allora il termine “corpo” per designare in generale un oggetto materiale, come una molecola o una pietra o una stella.
I corpi dunque si muovono, si trasformano cambiando forma, consistenza, temperatura, ecc…, ma tutti questi cambiamenti sono dovuti incredibilmente a soli 4 tipi di interazioni, solo 4 modi in cui i corpi possono influenzarsi vicendevolmente.
In linea di principio, a queste 4 interazioni fondamentali tra corpi sappiamo ricondurre tutte la varietà delle trasformazioni e processi che vediamo accadere intorno a noi: dalla formazione di una galassia, alla nascita di una stella, dalla formazione di un pianeta, ai movimenti di un oceano o dell’atmosfera fino alla crescita di una pianta da un seme, la nascita di un bambino, l’invecchiamento e la morte, e scendendo nel mondo microscopico, dal moto di un atomo alla sua struttura e ancora più nel profondo, alle caratteristiche dei componenti stessi degli atomi.
I nomi che abbiamo dato alle quattro interazioni fondamentali sono: forza gravitazionale, forza elettromagnetica, forza debole e forza forte. Ciascuna di queste quattro interazioni diminuisce di intensità all’aumentare della distanza tra i corpi: per le prime due, interazione gravitazionale ed elettromagnetica, quando la distanza raddoppia, la forza corrispondente decresce di quattro volte; quando triplica, diminuisce di 9 volte, etc. Allo stesso modo diminuisce la quantità di vernice che raggiunge un coriandolo all’aumentare della distanza dalla bomboletta spray. (In termini matematici la forza decresce come l’inverso del quadrato della distanza).
In confronto l’interazione forte e quella debole diminuiscono con la distanza molto più velocemente (esponenzialmente con la distanza). Di fatto la loro azione scompare a distanze superiori la taglia di un atomo. Per questo motivo le prime due interazioni, gravitazionale ed elettromagnetica, sono anche dette forze a lungo raggio, mentre le ultime due sono chiamate forze a corto raggio.
Gravità e elettromagnetismo
L’interazione gravitazionale e quella elettromagnetica, sono le due sole forze che estendono la loro influenza su grandi distanze e sono dunque le sole interazioni che appaiono rilevanti sulle distanze astronomiche, ovvero quelle del sistema solare.
Queste due forze tuttavia presentano una sostanziale differenza: l’interazione elettromagnetica interviene se i corpi possiedono una carica elettrica, che può essere positiva o negativa. Cariche elettriche e dello stesso segno, ovvero due cariche elettriche positive (o due negative) si respingono. Al contrario, cariche elettriche di segno opposto (ad esempio una positiva e l’altra negativa) si attraggono. Questa duplice natura dell’interazione elettromagnetica, attrattiva o repulsiva a seconda delle cariche in gioco, può influenzare il raggio effettivo di azione della forza. Difatti, l’azione di una carica positiva può essere “schermata” dalla presenza di una carica negativa (e viceversa) in modo tale che la forza risultante su una terza carica può decrescere più rapidamente, essendo l’azione congiunta di una repulsione (verso la carica simile) e di un’attrazione (verso la carica opposta). In altre parole se un corpo contiene un gran numero di cariche elettriche, ma complessivamente la sua carica è nulla (ovvero contiene lo stesso numero di cariche positive e negative), risulta in prima approssimazione elettricamente neutro, ovvero non interagisce elettromagneticamente con altri corpi.
La gravità, al contrario, è una forza sempre attrattiva che dipende dalla massa dei corpi: due corpi si attraggono tanto più grande è la loro massa. Di conseguenza non esistono effetti di “schermaggio” e l’azione della forza si propaga a grande distanza.
Dinamica degli oggetti astronomici
Per quel che ne sappiamo, se consideriamo oggetti astronomici come pianeti, stelle, gruppi di stelle, galassie e così via, questi corpi e sistemi non possiedono carica elettrica (totale), ovvero sono elettricamente neutri; di conseguenza l’elettromagnetismo non è una forza rilevante nel movimento degli oggetti nel cosmo. Nel passato ci sono state proposte per un universo “elettrico”, come quello immaginato negli anni ’60 dal fisico svedese e premio Nobel per la fisica Hannes Alfvén, che ipotizzò la presenza di cariche e correnti spaziali di intensità rilevante per il moto dei corpi nell’universo. Queste proposte non hanno superato il vaglio delle osservazioni, di modo che la causa per la dinamica degli oggetti nell’universo rimane la sola interazione gravitazionale, una forza sempre presente fra i corpi e sempre attrattiva. È dunque la gravità che regola il movimento dei corpi nell’universo quali pianeti intorno alle stelle, stelle nelle galassie, incontri e fusioni di galassie, fiumi di gas da galassia a galassia, ecc.
Newton e la gravità
La prima teoria per il moto dei corpi sotto l’azione della gravità fu formulata nel 1687 dallo scienziato inglese Isaac Newton in un trattato considerato una delle più importanti opere del pensiero umano di ogni tempo: I Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (in italiano: I principi matematici della filosofia naturale), poi noto semplicemente come Principi. Questa teoria si proponeva di descrivere causa ed effetto del movimento di ogni corpo sulla Terra e nel cosmo. Per molti versi la teoria, che chiamiamo dinamica classica (per distinguerla dalla dinamica quantistica che tratta del movimento delle particelle atomiche), è ancora ritenuta una valida descrizione fisica della natura, a grande scala e in particolare per quella astronomica.
Dinamica classica e determinismo
La dinamica classica è una teoria deterministica: ovvero, data la condizione di partenza di un sistema di corpi, le leggi della dinamica classica determinano univocamente lo sviluppo dinamico successivo. Più precisamente, date le posizioni e le velocità di un insieme di corpi ad un istante iniziale, il loro moto seguente è ineluttabilmente determinato. Così è per il moto della Terra o le oscillazioni periodiche di un pendolo.
Questo, ovviamente, vale in linea di principio: le regole di evoluzione, determinate da equazioni matematiche (relazioni fra accelerazioni e forze) ammettono una ed una sola soluzione, che rappresenta l’espressione matematica del futuro (e del passato) dei corpi in esame. Che poi si sia capaci di trovare matematicamente questa soluzione è un’altra questione. In ogni caso, sappiamo che ripartendo esattamente dalla stessa posizione e con la stessa velocità iniziale, la Terra, il pendolo e ogni corpo ripeterà la stessa traiettoria. Come scriveva Laplace nel 1814, per chi avesse la capacità di risolvere le complicate equazioni del moto dell’intero universo, “nulla sarebbe incerto (…) e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi”. In altre parole, le leggi della dinamica di Newton implicano una natura deterministica del mondo: il presente determina il futuro, non come un ventaglio di possibilità, ma come un’evoluzione precisa, inevitabile, ineluttabile.
Tuttavia se provassimo a ripetere un esperimento (ad esempio il lancio di un sasso) sarebbe difficile ottenere praticamente due volte esattamente la stessa traiettoria, perché dovremmo riprodurre nei due casi le stesse, identiche condizioni iniziali. Cambiando le condizioni iniziali, ovvero lanciando lo stesso sasso con una diversa velocità (iniziale) e/o da una diversa posizione, il corpo seguirà una diversa traiettoria, senza per questo smentire il determinismo newtoniano. Per quanto il successo della dinamica classica risulti clamoroso in alcuni casi specifici, proprio grazie al suo grande potere predittivo, il suo carattere deterministico andrà riletto alla luce di un fenomeno molto importante, il caos.
Problema a due corpi
Di sicuro, un caso matematicamente semplice per le equazioni di Newton, è il cosiddetto problema a due corpi, ad esempio il sistema costituito da un pianeta che ruota intorno ad una stella. In questo caso è molto facile prevedere il movimento dei due corpi causato dalla rispettiva interazione gravitazionale: si tratta di un moto periodico di rotazione reciproca (o meglio di rotazione intorno ad un punto fermo, detto centro di massa, posto tra i due corpi rotanti). È quello che succede alla Terra, in rotazione intorno al Sole (il centro di massa in questo caso è molto vicino al centro del Sole), secondo un movimento periodico che scandisce il susseguirsi delle stagioni che conosciamo. Allo stesso modo, tutti i pianeti del sistema solare orbitano intorno al Sole, che rappresenta il “centro” del nostro sistema solare. Naturalmente la teoria newtoniana prevede che ogni pianeta subisca non solo l’interazione del sole, ma anche degli altri pianeti del sistema. Ma il rapporto delle forze in gioco fa sì che l’interazione di ogni singolo pianeta col Sole sia quella rilevante per determinare in buona approssimazione, e su breve scale di tempo, il moto di ogni singolo pianeta. In questo modo Newton ritrovava e spiegava le tre leggi sul moto dei pianeti che il tedesco Keplero aveva trovato circa 70 anni prima.
L’osservazione attenta del cielo permette però di scoprire alcune deviazioni interessanti.
Previsioni della teoria newtoniana
La teoria di Newton ha avuto conferme spettacolari: una di queste fu la scoperta del pianeta Nettuno nel XIX secolo. Le osservazioni astronomiche avevano infatti mostrato una differenza del moto del pianeta Urano, al tempo l’ultimo pianeta conosciuto, rispetto alle posizioni previste dalla teoria di Newton. La conclusione più semplice sarebbe stata che la teoria non era corretta; tuttavia due astronomi, Le Verrier in Francia e Adams in Inghilterra, proposero che la teoria fosse giusta ma che la differenze osservate fossero dovuto ad uno sconosciuto pianeta che doveva orbitare intorno al Sole a distanze maggiori di Urano. L’esistenza di questo ulteriore corpo, anche se mai osservato, se opportunamente inserita nelle equazioni, avrebbe alterato le previsioni teoriche, a causa della interazione gravitazionale supplementare. Fatti i dovuti calcoli secondo la teoria newtoniana, i due astronomi furono in grado di indicare dove puntare i telescopi nel vasto cielo stellato al fine di rilevare il nuovo e lontanissimo pianeta. Così avvenne, tanto che l’astronomo, matematico e fisico Francois Arago commentò come il nuovo pianeta, Nettuno, “fosse stato scoperto con la punta di una penna”.
La scoperta di Nettuno fu solo uno dei grandi successi della teoria elaborata da Newton; una teoria che descrive l’universo come un immenso meccanismo il cui movimento è completamente determinato nel futuro a partire dalle condizioni al tempo iniziale. Tuttavia non tutti i sistemi fisici possono essere trattati in maniera altrettanto soddisfacente del caso del moto di Nettuno intorno al Sole.
Il problema dei tre corpi.
La visione del Sole che sorge e che tramonta è un fenomeno familiare dalla Terra come da Nettuno e dagli altri pianeti del sistema solare. Quest’ultimo infatti è composto da un unica stella, il Sole appunto, attorno al quale ruotano 8 pianeti e un gran numero di oggetti minori (asteroidi, comete, pianeti nani). Ma come sarebbe la vita e una civiltà su un pianeta che ruotasse intorno a tre soli? È questo l’argomento di una recente trilogia di fantascienza che ha avuto grande popolarità e un bizzarro primato: essere la prima opera di fantascienza scritta da un autore cinese che sia mai stata tradotta in inglese e pubblicata in USA e dal quale verrà presto tratto un film.
Il titolo è appunto Il problema dei tre corpi che è stato effettivamente un problema molto importante in fisica e in astronomia.
Se infatti il moto di un pianeta intorno al Sole era stato descritto dalla meccanica newtoniana e gestibile dai matematici tanto da poter prevedere l’esistenza di un ulteriore pianeta sconosciuto (Nettuno appunto), il problema immediatamente più complesso dell’evoluzione di 3 corpi (come ad esempio Sole, Terra e Luna o Sole, Giove e un asteroide) apparve subito molto complesso.
Per lungo tempo lo studio del movimento di questo sistema non fu approfondita poiché si riteneva che le difficoltà che presentava fossero solo di natura tecnica. Verso la fine del 1800, il matematico francese Henri Poincaré mostrò come il sistema abbia una dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali ovvero considerando il sistema a partire da condizioni iniziali simili, ma leggermente differenti, si ottengono evoluzioni dinamiche anche molto diverse; era l’atto di nascita di un nuovo settore di indagine scientifica che oggi chiamiamo caos deterministico.
Poincaré ha cioè mostrato che le equazioni di Newton descrivevano anche sistemi dalla dinamica estremamente irregolare. Tale irregolarità, che poteva essere riscontrata anche su un sistema estremamente semplice, come quello di tre corpi in interazione, gettava un’ombra sul carattere deterministico della teoria e in particolare sulla sua capacità predittiva. L’universo regolare di Newton poteva mostrare comportamenti estremamente vari, tanto da minare l’idea di una traiettoria tipica. Piuttosto, se gran parte delle traiettorie risultano “anomale”, per conoscere l’autentico futuro predetto dalla teoria sarebbe necessaria una conoscenza talmente precisa delle condizioni iniziali, da rendere il sistema praticamente imprevedibile. Questa caratteristica specifica delle equazioni della dinamica viene denominata caoticità. Il sistema a tre corpi era appunto un caso molto semplice (solo 3 corpi) di tali sistemi oggi chiamati sistemi dinamici caotici.
Stabilità del sistema solare
Alla luce delle considerazioni appena esposte, ha senso riconsiderare il problema del sistema solare. Dopo aver scoperto le leggi del movimento e la forza di gravità, Newton usò la sua teoria per calcolare il moto di un unico pianeta intorno al Sole: il risultato che ottenne fu un’orbita ellittica con il Sole in uno dei due fuochi. Tuttavia, Newton sapeva che il sistema solare comprendeva altri 6 pianeti (erano quelli noti al suo tempo) e che ogni pianeta esercitava una piccola attrazione su tutti gli altri pianeti.
Il problema che si pose fu dunque se queste piccole perturbazioni al moto di ogni pianeta, esercitata dall’attrazione esercitata dagli altri, avessero un effetto nullo su un tempo lungo: dato che i pianeti si muovono, le loro posizioni reciproche cambiano nel corso del tempo e la forza che ciascuno esercita su tutti gli altri cambia in direzione e intensità durante le loro orbite.
Se queste forze si fossero compensate l’una con l’altra, alla fine l’effetto sul pianeta sarebbe stato nullo cosicché avremmo concluso che i pianeti avrebbe proseguito sulle stesse orbite osservate da Newton anche in futuro. In caso contrario, se le piccole perturbazioni non si fossero compensate ma aggiunte l’una all’altra, alla fine ne sarebbe risultato un effetto netto che avrebbe potuto portare a conseguenze fastidiose almeno per la vita sulla Terra: una collisione fra pianeti o una deriva nello spazio o un tuffo della Terra nel Sole.
La fantascienza ha esplorato questi scenari sin dagli anni 50 come nel film Quando i mondi si scontrano (1951), dove si racconta della collisione fra Terra e due corpi celesti: la stella Bellus e il pianeta Zyra. Lo scienziato outsider di turno cerca di convincere che l’unica possibilità è di emigrare su uno dei due, Zyra, che può ospitare la vita. Deriso dall’ONU e dalla comunità scientifica, riuscirà a realizzare la fuga grazie all’astronave costruita da un milionario (un messaggio comune a molti film hollywoodiani: lo scienziato che ha ragione è quello fuori dall’establishment). Il tema della catastrofe astronomica è stato poi ripreso dal film Meteor (1979), Deep Impact (1998) e Armageddon (1998) che descrivono l’impatto sulla Terra con un grosso meteorite. Curiosamente lo scontro fra due pianeti del sistema solare, eventualità considerata dagli studi di Newton, è stato meno sviluppato dalla letteratura fantascientifica, forse a causa di una inconsapevole fiducia nell’immutabilità del sistema solare. Molto recentemente, la collisione con un pianeta (in questo caso un pianeta alieno al sistema solare) fa da sfondo al film Melanchonia (2011), dove si esplora del rapporto fra due sorelle e della loro reazione all’inevitabile distruzione globale.
Se questi scenari interessano il futuro del sistema solare, non meno interessante è la questione del suo passato. Quando Einstein morì nel 1955, sul suo comodino fu trovato un libro che nessuno avrebbe mai pensato potesse attirare la sua attenzione: Mondi in collisione di Immanuel Velikovsky, un medico e sociologo russo emigrato in USA ed entrato in contatto con il grande scienziato. In esso, l’autore propone una fantasiosa ricostruzione della storia del sistema solare, secondo la quale una cometa generata ed espulsa da Giove si sarebbe avvicinata pericolosamente alla Terra, determinando effetti nefasti sulle antiche civiltà, per poi scontrarsi con Marte e infine assestarsi su un’orbita regolare, divenendo l’attuale pianeta Venere.
Einstein parlava con divertita ironia del libro e del suo autore, ma fu in disaccordo con le azioni pratiche di censura che intrapresero alcuni esponenti della comunità scientifica (come l’astronomo Shapley) rimanendo convinto che qualsiasi proposta in ambito scientifico dovesse avere l’onore e onere di essere confutata e non boicottata.
In particolare, l’idea che nel passato pianeti o corpi celesti abbiano potuto cambiare la propria posizione o fuggire dal sistema solare non è affatto peregrina. La deriva di un corpo celeste dal sistema solare, è stata immaginata dagli autori di fantascienza e costituisce lo sfondo di una intera serie televisiva USA Spazio 1999. I telefilm raccontano le sorti di una colonia umana insediata sulla luna, che a causa di esplosioni nucleari nelle centrali energetiche lunari, viene scagliata, con l’intero satellite, fuori dalla sua orbita intorno alla Terra e spinta fuori dal sistema solare.
Alla luce delle conoscenze della matematica più recente, si sarebbe potuto fantasticare uno scenario leggermente diverso: ovvero si sarebbe potuto attribuire l’immaginaria fuga della luna dal sistema solare alla natura caotica delle equazioni di Newton, ipotizzando una instabilità dinamica del sistema solare. Quanto sarebbe scientificamente azzardata l’ipotesi di un tale fenomeno?
Le forze che si esercitano fra i pianeti sono molto piccole: la forza che il pianeta più massiccio, Giove esercita sulla Terra è solo 10 milionesimi della forza prodotta del Sole. Tuttavia anche il tempo a disposizione per osservare effetti di disturbo all’orbita ellittica, è molto grande: il sistema solare si è formato oltre 4 miliardi di anni fa e si prevede continuerà ad esistere ancora per circa 8 miliardi di anni, prima della catastrofica trasformazione del Sole in gigante rossa, che a tutt’oggi viene considerato il fatale destino del nostro sistema solare. Dunque, considerando una scala di tempo del miliardo di anni, il problema della stabilità del sistema solare si può considerare su basi scientificamente appropriate.
Già Newton aveva considerato la questione. Scrisse: ”I pianeti si muovono su uniche orbite concentriche, eccetto per alcune irregolarità, che provengono dalle mutue azioni di comete e pianeti l’uno sull’altro e che saranno in grado di aumentare fino a che questo sistema non richieda una revisione”. Evidentemente Newton pensava che il sistema solare potesse avere un problema di stabilità e ricorse ad ipotizzare l’intervento divino ove richiesto per ripristinarne l’immutabilità osservata delle orbite dei pianeti quasi circolari e ben separate. Secondo lo storico Hoskin, la visione del cosmo di Newton richiedeva quindi l’intervento appropriato del creatore per ripristinare il meccanismo di funzionamento dell’universo soggetto a perturbazioni che a lungo andare lo avrebbero degradato. Una visione prontamente criticata dal suo contemporaneo e maggior rivale scientifico, il tedesco Gottfried Leibniz, che sottolineò come la teoria di Newton implicasse un creatore così incompetente da dover ricorrere a continui miracoli per evitare il collasso alla sua stessa creazione cosmica.
Nei 300 anni successivi a Newton, il problema della stabilità del sistema solare ha occupato le menti di alcuni dei più illustri matematici e fisici, quali Vladimir Arnold, Boris Delaunay, Carl Friedrich Gauss, Andrei Kolmogorov, Joseph Lagrange, Laplace, Jürgen Moser, Siméon Poisson, e il già citato Henry Poincaré. Numerose “dimostrazioni” di stabilità sono state annunciate nei loro lavori: ma poiché tutte si basano su un qualche tipo di approssimazione, il problema della stabilità del sistema solare si può considerare un problema ancora aperto. Ciononostante, il lavoro di questi scienziati non è stato vano, ma ha ispirato la nascita di nuove discipline come la dinamica non lineare e la teoria del caos, con risultati molto generali. Possiamo concludere che sebbene non siamo arrivati a un risultato definitivo per il problema specifico, l’indagine sulla stabilità del sistema solare ha certamente prodotto risultati ben superiori alla particolare soluzione ricercata.
Ad esempio, gli acceleratori di particelle, quale il Large Hadron Collider, devono controllare il moto dei protoni (o di altre particelle) per centinaia di milioni di orbite, un problema simile per molti aspetti a quello di mantenere i pianeti su orbite stabili per la vita del sistema solare.
Piccole perturbazioni dell’orbita del sistema Terra-Sole sono anche rilevanti in meteorologia. In questo caso, l’effetto dell’attrazione gravitazionale esercitata dagli altri pianeti, può essere la causa dei cambiamenti climatici sulla scala di tempo delle decine di migliaia di anni, quali ad esempio le glaciazioni. Su scale di tempo più brevi, la previsione del clima non è meno complessa: le equazioni che regolano le variabili rilevanti, quali temperatura e pressione atmosferica, sono anch’esse intrinsecamente caotiche. Anche in questo caso, dunque, gli studi sul caos e sulla stabilità dei sistemi dinamici è ovviamente rilevante e di grande interesse.
Studi recenti e simulazioni numeriche
Tornando al sistema solare, un metodo recente per affrontare il problema della sua stabilità si basa sull’uso accorto di potenti calcolatori: l’idea sarebbe di riprodurre le orbite planetarie per miliardi di anni in un modello di sistema solare generato al computer. Ma ha senso mettere in piedi queste simulazioni numeriche vista la natura caotica delle equazioni di Newton?
Per determinare con accuratezza le orbite dei pianeti, bisognerebbe conoscere con assoluta precisione, non solo le loro orbite attuali, come pure le masse planetarie, ma anche le altre forze che intervengono nel sistema: oltre ovviamente al Sole e ai pianeti, stelle vicine, forze di marea della Via Lattea (la galassia in cui si trova il sistema solare), comete, satelliti dei pianeti, ecc… Essendo il sistema caotico, piccole variazioni delle condizioni di partenza (masse, orbite, ecc.. ovvero i parametri iniziali dell’elaborazione al calcolatore) producono grandi effetti su tempi di qualche miliardo di anni.
Cosa succede se proviamo a simulare l’evoluzione del sistema solare a partire da condizioni iniziali leggermente differenti? Gli studi mostrano in effetti che le previsioni che possiamo ottenere danno un risultato stabile (che dipende poco da variazioni nelle condizioni iniziali) solo per tempi di qualche centinaio di milioni anni: si evidenzia dunque un tempo caratteristico per queste previsioni, oltre il quale non possiamo spingerci. (In meteorologia lo stesso fenomeno determina un tempo molto più limitato, pochi giorni, oltre il quale la precisione delle previsioni e’ estremamente più debole.)
Su tempi più lunghi, differenze piccolissime (qualche millimetro!) nella posizione iniziale dei pianeti, possono essere determinanti: nel 1% dei casi esplorati l’orbita di Mercurio diventa sufficientemente eccentrica da far collidere il pianeta con Venere. Sulla base di queste ricerche i pianeti esistenti sopravvivono (senza collisioni e derive) per qualche miliardo di anni (come hanno fatto) nel 99% dei casi esplorati. Secondo questi studi, differenze nelle condizioni iniziali sembrano influenzare maggiormente alcune caratteristiche del moto dei pianeti, piuttosto che altre. In particolare, le previsioni più critiche riguardano le fasi orbitali dei pianeti, piuttosto che la forma e dimensione delle loro orbite. In altre parole, nella maggior parte dei casi esplorati, la natura caotica del sistema solare non produce una collisione fra pianeti, come si avrebbe nel caso di grosse variazioni nelle forme e dimensioni delle loro orbite. Sembra un risultato rassicurante, ma bisogna tenere conto dell’esiguità dei casi considerati e che l’esplorazione con i calcolatori dell’evoluzione futura del sistema solare è relativamente recente.
La partita dunque è ancora aperta e nonostante sia molto difficile vale la pena di essere giocata.
Molti di questi studi, infatti, sebbene non risolvano il problema di fondo che tentano di affrontare, hanno evidenziato elementi di grande interesse. Da essi risulta, ad esempio, che il tempo futuro necessario perché Mercurio si perda nello spazio sfuggendo dal sistema solare è dello stesso ordine di grandezza dell’età del sistema solare (più precisamente circa 5 volte di più) e che il sistema solare risulta abbastanza “affollato” nel senso di avere pochi posti dove inserire un pianeta senza produrre una immediata instabilità nel sistema. Questi due risultati possono essere utili a comprendere, se non il futuro, almeno il passato e il presente del nostro sistema solare.
Se nel lontano passato il sistema solare avesse posseduto più pianeti degli attuali, sarebbe stato sicuramente più instabile, ovvero stabile su un tempo caratteristico minore di quello attuale. In questo caso, si prevede che il sistema avrebbe perso i pianeti “in eccesso”, divenendo gradualmente sempre più stabile fino alla situazione attuale. Questa ipotesi permette forse una verifica sperimentale, simile a quella che ha portato alla scoperta di Nettuno. Se nella passata evoluzione il sistema solare ha perso pianeti, questi “cugini” della Terra dovrebbero essere da qualche parte in un volume intorno a noi o aver lasciato qualche traccia influenzando il moto degli oggetti a noi più vicini. Forse, anche in questo caso, potrebbero giungere presto scoperte astronomiche interessanti, fatte questa volta “in punta di calcolatore”.
Un altro fenomeno messo in luce da questi studi è quello della migrazione planetaria che avrebbe interessato i giganti gassosi del nostro sistema: Giove, Saturno, Urano e Nettuno. A causa di questo fenomeno, questi ultimi si sarebbero formati in una posizione differente per poi migrare successivamente nelle posizioni dove li troviamo oggi. I modelli studiati che includono questa possibilità, sembrano riprodurre meglio sia l’attuale struttura del sistema che alcuni episodi che si pensa possano essere avvenuti durante la sua formazione, come ad esempio il Tardo Bombardamento Pesante (una fitta pioggia di meteoriti primordiali che colpirono i pianeti, presumibilmente avvenuto quando il sistema solare aveva un’età di 700 milioni di anni).
Altri elementi cruciali per validare i modelli numerici sono le strutture di corpi minori del sistema solare come la cintura di Kuiper e il satelliti troiani. La prima è una nube di corpi minori che circonda esternamente il sistema solare oltre l’orbita di Nettuno: ipotizzata teoricamente da vari astronomi prende il suo nome dall’americano Kuiper che la pensava dissolta nelle prime fasi di formazione del sistema solare. I satelliti troiani sono particolari asteroidi influenzati dalla gravità del Sole e di Giove, che li intrappolano in due distinti punti di equilibrio. In questi punti, la forza centrifuga è pari alla gravità di Sole e Giove, così che gli asteroidi possono percorrere un’orbita stabile senza cadere su Sole o su Giove a causa della rispettive attrazioni.
Un altro suggestivo scenario proposto dagli studi al calcolatore, riguarda il “cugino ghiacciato di Giove”: ipotizzando che nel passato un gigante simile a Giove, ma ghiacciato, si sia poi perso nello spazio, si riescono a riprodurre meglio alcune caratteristiche del sistema solare attuale e le tracce osservate del suo passato. Ovvero, la presenza di questo cugino perso sembra essere necessaria per indirizzare il sistema verso l’evoluzione nota del nostro sistema.
Questi studi come quelli sulla stabilità, sono ancora nella fase iniziale: poche centinaia di simulazioni effettuate in ogni singolo lavoro di indagine, con decine di indagini concluse finora.
In ogni singolo studio, in genere realizzato da un gruppo di ricercatori, l’esplorazione viene condotta usando il computer come una torcia che illumina un cammino notturno per una terra sconosciuta: la luce schiude allo sguardo un orizzonte limitato e parziale, e non permette di scandagliare l’intero panorama.
Dove puntare la torcia e come avanzare dipende dall’idea che i ricercatori si sono fatti del paesaggio da attraversare, ovvero dallo loro intuizione fisica del problema e dalla loro capacità di interpretare quello che vedono. Queste difficoltà’ rappresentano, allo stesso tempo, anche il fascino principale dell’esplorazione scientifica.
Video (da youtube):
Orbite di corpi (2,3, molti) in interazione gravitazionale
Simulazioni dell’origine del sistema solare