Le dune di sabbia, le strisce di una zebra, la struttura di un broccolo romanesco, i meandri regolari di alcuni fiumi, il Selciato del gigante (Giant’s Causeway) in Irlanda del Nord: sono tutti esempi di strutture spaziali che dovrebbero (più o meno) essere familiari, almeno visivamente, a chi legge. Tutti questi esempi sono stazionari o variano lentamente, la struttura che cambia più rapidamente è quella delle dune di sabbia; tuttavia, ne esistono altre che sono oscillanti, che possono viaggiare o che mostrano una tendenza a “crescere”. In questo articolo mostreremo che se un sistema viene tenuto fuori dall’equilibrio si possono formare spontaneamente delle strutture spaziali che rendono il sistema stesso disomogeneo.

I fenomeni di cui parleremo, anche se alcuni di essi ci sono certamente familiari, mostrano una propensione alla autorganizzazione che può essere controintuitiva. Mettendo alcune gocce di inchiostro in un liquido ci aspettiamo che queste diffondano e che dopo un po’ di tempo si abbia una miscela omogenea. La stessa cosa succede (in genere ma non sempre) in cucina, quando prepariamo un condimento o una crema e usiamo una forchetta, un cucchiaio o una frusta per omogeneizzare il tutto. Non sempre, appunto: la separazione di fase tra olio e aceto quando prepariamo la vinaigrette è ben nota. In questo caso è il sistema stesso di olio più aceto che vorrebbe separarsi e la nostra azione meccanica cerca di favorire invece il loro mescolamento. È quindi sorprendente che ci possano essere dei casi in cui il mescolamento favorisce la separazione tra materiali diversi.

Fig. 1 – Separazione tra due diversi tipi di sabbia, come risultato della rotazione del cilindro attorno al suo asse (autore: Stephen Morris)

Questo è esattamente quello che può succedere se introduciamo una miscela di differenti tipi di sabbia in un cilindro (Fig. 1) che poniamo in orizzontale e mettiamo in rotazione lungo il suo asse. In alcuni casi la miscela non rimane omogenea e si formano delle bande regolari dei due tipi di sabbia che si alternano.

Su una scala spaziale molto maggiore (dai metri ai chilometri) e senza bisogno di avere due tipi diversi di sabbia, c’è un altro fenomeno di formazione di strutture che è certamente familiare a tutti: la formazione delle dune di sabbia sotto l’azione del vento (Fig. 2).

Fig. 2 – Dune di Maspalomas sull’isola di Gran Canaria, Spagna

Se andiamo sulla scala atomica anche qui possiamo trovare delle superfici che invece di rimanere piatte mostrano la formazione di strutture tridimensionali. Certamente in questo caso la loro nascita non può essere dovuta al vento (il fenomeno avviene in laboratorio, in condizioni di ultra alto vuoto), ma, come vedremo, c’entra anche qui un evento “meteorologico”: la “pioggia” di atomi sulla superficie, che serve per far crescere il cristallo (di platino, nel caso in figura).

Fig. 3 – Immagini di una superficie di platino attraverso un microscopio a effetto tunnel. Ogni immagine riproduce una regione di larghezza di circa 300 nanometri (cioè di 0.3 micron) e ogni strato/isola visibili nelle figure è alto un singolo atomo (cioè un’isola è formata da decine o centinaia/migliaia di atomi di platino). La temperatura è di circa 170 gradi centigradi e le diverse immagini sono state prese dopo aver depositato una quantità crescente di platino. Maggiori informazioni nel testo (autori: M. Kalff, P. Smilauer, G. Comsa e Th. Michely, Surface Science 426 (1999) L447).

Un secondo esempio di crescita cristallina che induce forme inaspettate è quello, ben noto, dei fiocchi di neve, Fig. 4.

Fig. 4 – I fiocchi di neve naturale differiscono l’uno dall’altro per combinazioni casuali durante la cristallogenesi e l’accrescimento.

Tutti gli esempi mostrati finora si riferiscono a strutture spaziali della morfologia o della composizione di un sistema, ma ci sono anche casi in cui ciò che si “organizza” è, ad esempio, la velocità di un fluido. È quello che succede con la nascita delle celle di convezione in un liquido riscaldato dal basso (Fig. 5) o raffreddato dall’alto (video).

Fig. 5 – Olio di silicone riscaldato dal basso ed esposto all’aria in alto. La luce è riflessa da scaglie di alluminio che mostrano come il fluido salga al centro di ciascuna cella e scenda ai bordi delle stesse (presa da Milton Van Dyke, An album of fluid motion, Parabolic Pr, pag. 83. Fotografia di M. G. Velarde, M. Yuste e J. Salan).

Tutti i casi discussi sono esempi di sistemi fuori dall’equilibrio, perché lo “stato” del sistema cambia sotto l’azione di una “forza” esterna: la superficie della spiaggia, normalmente piatta, comincia a formare le dune per effetto del vento (o delle correnti marine, nel caso delle dune subacquee); un fluido soggetto a un gradiente termico (la pentola dell’acqua sul fuoco) rimane fermo se la differenza di temperatura è piccola (e il calore viene trasportato tramite la conduzione termica, come in un solido) ma al crescere della differenza di temperatura il fluido si mette in moto e nascono dei moti convettivi (che nella Fig. 5 sono resi visibili dalla presenza di alluminio); una miscela di materiali granulari diversi cambia la propria composizione se è messa in movimento con un processo di rotazione e abbastanza sorprendentemente il processo di mescolamento può farla diventare più disomogenea, non più omogenea come ci aspetteremmo; la superficie di un cristallo, soggetta a un flusso di atomi che arrivano su di essa può non rimanere piatta e sviluppare una struttura piramidale. Il caso del fiocco di neve è meno evidente perché la ”forza” che fa nascere il fiocco di neve è la supersaturazione, lo stesso meccanismo che rende visibile lo zucchero disciolto in acqua se quest’ultima non è sufficientemente calda o il vapor acqueo nell’aria se questa è sufficientemente fredda.

Quello che però ci attrae del fiocco di neve è che il ghiaccio non “cresce” in forma sferica, come la goccia d’acqua, bensì forma una regolare struttura ramificata. Analogamente, negli altri casi quello che ci meraviglia è la struttura regolare delle dune, le piramidi di atomi di platino o le celle di convezione (che incontriamo anche in atmosfera e nel mantello terrestre). La domanda che ci si pone in tutti questi casi è doppia: come mai nascono queste strutture e come evolvono nel tempo?

Rispondere al perché nascono non è facile, bisogna fare riferimento alla struttura microscopica del sistema sotto esame e alle “forze” microscopiche, ma quello che possiamo dire in generale è che la nascita di queste strutture spaziali è il risultato di un meccanismo di instabilità per cui il sistema preferisce dare luogo a delle strutture spaziali piuttosto che rimanere in uno stato omogeneo. Ma cosa significa “instabilità”?

Nella vita quotidiana sentiamo parlare di “mercati finanziari instabili” e di “instabilità meteorologica”, oppure facciamo attenzione salendo in piedi su una sedia perché siamo in equilibrio instabile (scientificamente si parla di equilibrio metastabile, perché l’equilibrio instabile per sua natura è massimamente effimero). Possiamo fare un esempio non banale di instabilità pensando a quando andiamo a fare la spesa in un supermercato e andiamo a prendere o a rimettere il carrello. Ci sarà certamente successo di osservare che talvolta una o più file di carrelli sono molto più lunghe delle file adiacenti. Questo può succedere perché se una fila è leggermente più lunga delle altre o semplicemente più comoda da raggiungere delle altre, allora le persone che rimettono il carrello tenderanno a loro volta a inserirlo in tale fila, facendola diventare ancora più lunga, innescando quindi un meccanismo di instabilità. È certamente vero che anche chi prende il carrello tenderà a prenderlo preferenzialmente dalla fila più lunga, contribuendo quindi a farla diventare meno lunga e proprio per questo possiamo aspettarci che questa “instabilitå” sia visibile se siamo in un momento in cui le persone che stanno riportando il carrello sono in maggior numero di quelle che lo stanno prendendo (il che succede, tipicamente, a fine mattinata del sabato).

Non è assolutamente una forzatura dire che il meccanismo di instabilità delle file dei carrelli al supermercato è lo stesso meccanismo che determina la nascita delle ramificazioni in un fiocco di neve che sta crescendo. In quest’ultimo caso i carrelli sono le molecole di acqua che si attaccano al nucleo di ghiaccio che è il germe del fiocco di neve. Possiamo anche andare oltre e osservare che così come l’instabilità dei carrelli avviene quando questi vengono rimessi a posto in numero maggiore di quelli ritirati, analogamente le ramificazioni di un fiocco di neve avvengono perché ci sono più molecole che si attaccano di quelle che si staccano, cioè il fiocco sta crescendo piuttosto che evaporando.

Entriamo adesso maggiormente in dettaglio in un paio di esempi di formazione di strutture: la nascita delle celle di convezione in un fluido riscaldato dal basso e la formazione delle piramidi alla superficie di un cristallo che cresce.

La convezione – È ben noto che la densità di un fluido diminuisce al crescere della temperatura (il caso dell’acqua a bassa temperatura è una importante eccezione). Quindi, riscaldare un fluido dal basso (o raffreddarlo dall’alto) porta a una situazione in cui il fluido più freddo e quindi più pesante si trova sopra il fluido più caldo e quindi più leggero: una situazione instabile che porta alla formazione di moti convettivi in cui il fluido caldo sale e quello freddo scende.

Questa semplice descrizione del meccanismo di instabilità è corretta, ma farebbe pensare che appena si induce una differenza di temperatura positiva tra la parte inferiore e quella superiore di un fluido allora si dovrebbe innescare il processo della convezione: non è così, perché si osserva che è necessario superare una soglia critica; sotto questa soglia lo stato del sistema continua ad essere omogeneo e il fluido non si mette in moto. Questo è dovuto a due fattori, la conducibilità termica e la viscosità del fluido. Le celle di convezione nascono perché la convezione del calore è più efficiente della sua conduzione. Convezione significa trasporto fisico di materia e può avvenire solo nei fluidi, non nei solidi. La conduzione è invece legata all’agitazione termica degli atomi e delle molecole, che viene trasmessa dalle parti più calde a quelle più fredde senza che atomi e molecole si spostino all’interno del sistema. Siccome la conducibilità termica favorisce (ovviamente) la conduzione e la viscosità ostacola la conduzione, è necessario che la “forza” che innesca la convezione (la differenza di temperatura) sia maggiore di una certa soglia.
Se facciamo un esperimento controllato, con il fluido confinato tra due lastre orizzontali a distanza \(L\), quella inferiore a una temperatura maggiore di quella superiore per una quantità \( \Delta T \) il processo di convezione (e le celle di convezione indicate in figura), si innesca quando
\({\Large \Delta T \gt R_c \frac{\nu \kappa}{\alpha g L^3} }\)
dove \(\nu\) è la viscosità cinematica, \(\kappa\) è la diffusività termica, \(\alpha\) è il coefficiente di espansione termica, \(g\) è l’accelerazione di gravità, \(L\) è la distanza tra le piastre ed \(R_c \simeq 1708\) è il numero critico di Rayleigh. Il processo di convezione è sfavorito dalle quantità che compaiono a numeratore, viscosità e diffusività termica, per le ragioni spiegate più sopra: al loro aumentare aumenta la soglia di temperatura a cui si innesca la convezione. Al contrario quest’ultima è favorita dalle quantità che compaiono a denominatore. Siccome il meccanismo di instabilità è dovuto alla forza di gravità e al fatto che la densità del fluido dipende dalla temperatura, è normale trovare a denominatore l’accelerazione di gravità e il coefficiente di espansione termica. Non è altrettanto semplice spiegare perché aumentare \(L\) favorisca la nascita della convezione.

La crescita di un cristallo con un fascio atomico – In termini molto semplici, il cristallo di Fig. 3 cresce perché “piovono” atomi, quasi letteralmente. Gli atomi arrivano sulla superficie e cominciano a diffondere, cioè a muoversi in maniera irregolare, a seguito della propria agitazione termica. Quando incontrano altri atomi questo movimento è reso difficoltoso o impedito. Quando un atomo è legato a un numero sufficiente di altri atomi rimane bloccato ed è quindi incorporato nel solido. In certe condizioni, ad esempio se il flusso di atomi che arriva è debole, gli atomi possono percorrere grandi distanze prima di essere incorporati e questo permette di creare delle superfici lisce. Se però gli atomi hanno difficoltà a scendere uno scalino allora succederà che la superficie non è più liscia, ma si formano delle montagnole o delle piramidi, come è chiaramente visibile in Fig. 3.

In entrambi i casi (convezione e crescita cristallina) se la “forza” esterna viene rimossa, la struttura spaziale scompare: se eliminiamo la differenza di temperatura tra le due piastre, il fluido torna (immediatamente) a riposo e se eliminiamo il fascio di atomi depositati sulla superficie di un cristallo, quest’ultimo torna (dopo un po’ di tempo) liscio. L’emergere di un pattern spaziale è quindi dovuto al fatto che il sistema viene portato fuori dall’equilibrio attraverso l’applicazione di una opportuna forza. Ma cosa succede una volta che nascono queste strutture spaziali: rimangono stazionarie o evolvono nel tempo?

Non è possibile dare una risposta univoca perché la dinamica dipende da sistema a sistema e anche per lo stesso sistema fisico può dipendere dalle condizioni specifiche. Ad esempio, l’instabilità convettiva che nasce dal riscaldare un fluido dal basso dà, nel caso più semplice, una struttura spaziale stazionaria di celle di convezione la cui taglia è fissata essenzialmente dalla distanza tra le due piastre orizzontali tenute a temperature differenti. Più precisamente, questo succede quando la differenza di temperatura è di poco superiore al valore critico per l’innesco della convezione. Lo stato stazionario viene comunque raggiunto dopo un transiente in cui c’è un riaggiustamento della taglia delle celle di convezione che porta a una loro taglia “ottimale”. Aumentando ulteriormente la differenza di temperatura si perde questo stato stazionario fino a raggiungere uno stato turbolento in cui non c’è nessuna strutturazione spaziale.

Il caso della miscela di materiali granulari dà un’ampia fenomenologia di dinamiche possibili, inclusi fenomeni in cui si hanno onde viaggianti e onde stazionarie. Il caso della superficie cristallina che cresce può dare fenomeni in cui la taglia tipica delle strutture piramidali che emerge dalla instabilità cresce nel tempo attraverso un processo in cui le piramidi più grosse “mangiano” le piramidi più piccole. Questo fenomeno può durare continuativamente oppure si può interrompere, inducendo allo stesso momento un processo per cui le facce delle piramidi diventano sempre più ripide. Il caso della superficie di platino mostrata in Fig. 3 è proprio un esempio di quest’ultimo scenario.