Complessità e reti di interazione

Il termine “complesso” deriva dal latino cum (insieme) – plexus (intrecciato), “intrecciato insieme”: un sistema complesso è infatti composto da più parti collegate tra di loro ed “intrecciate” le une alle altre sicché il risultato è diverso dalla somma delle parti. Il comportamento di un sistema complesso non si può desumere dalla analisi, per quanto accurata, degli elementi che lo compongono: bisogna invece osservare le interazioni tra essi. Entità semplici interagenti tra loro e con l’ambiente circostante possono infatti dare luogo a comportamenti macroscopici non banali detti “comportamenti emergenti”. Un comportamento emergente è un fenomeno collettivo: si presenta cioè spontaneamente e non grazie ad un’organizzazione centralizzata.
Sistemi che apparentemente non hanno nulla in comune, come ad esempio uno stormo di uccelli, la rete internet e le reti metaboliche, hanno sorprendentemente delle similarità nascoste. Condividono infatti lo stesso tipo di architettura nella struttura delle interazioni: una sorta di “scheletro” che specifica quali parti di ciascun sistema interagiscono tra loro. Questo scheletro è una rete complessa, un oggetto astratto che può essere visualizzato come un grafo in cui nodi, che corrispondono alle componenti individuali del sistema, sono collegati da legami, che schematizzano le interazioni.
Sistemi molto diversi per la natura delle entità costituenti si assomigliano molto dal punto di vista di questa struttura sottostante. Sebbene la specifica forma dell’interazione che avviene lungo i contatti abbia anch’essa un ruolo nella dinamica di un sistema complesso, la struttura (topologia (1)) della rete dei contatti è cruciale nel determinare il comportamento collettivo. Per questo motivo la “teoria delle reti” ha assunto un ruolo centrale nella scienza della complessità: permette di investigare con un approccio unitario fenomeni molto diversi tra loro e tradizionalmente oggetto di discipline diverse. Questo è all’origine della natura fortemente interdisciplinare della scienza della complessità.
Trasversale alle tante applicazioni interdisciplinari, la teoria delle reti si occupa dunque dello studio delle proprietà topologiche di questi oggetti astratti e di come queste proprietà si riflettano sui comportamenti emergenti e sulla dinamica dei sistemi complessi, nonché di come la rete stessa delle interazioni possa a sua volta modificarsi e riaggiustarsi in modo adattivo. L’obiettivo di questa analisi non è solo descrittivo, ma spesso è volto a comprendere come, agendo sulla rete dei contatti, si possano modificare i pattern emergenti.
Come esempio pensiamo ai modelli epidemiologici. Fino a tempi recenti l’effetto della struttura della rete di contatti della popolazione ospite non veniva preso in considerazione. Oggi si sa invece che l’esito di una dinamica di diffusione di un agente patogeno risulta pesantemente influenzato dalla rete di interazione della popolazione in cui l’agente infettivo si diffonde. Le caratteristiche specifiche delle reti sociali, soprattutto la alta eterogeneità, rafforzano fortemente l’incidenza dell’infezione, e cambiano radicalmente il quadro epidemiologico rispetto a quello classicamente adottato nel descrivere la propagazione delle malattie. Conoscere il ruolo della rete di interazione nella dinamica della diffusione è essenziale non solo per la modellizzazione, ma anche per la prevenzione ed il controllo degli outbreak epidemici: l’efficacia della campagne vaccinali, che agiscono riducendo la frazione della popolazione suscettibile alla malattia, dipende in modo specifico da come si va a modificare la rete dei contatti e formulare campagne vaccinali mirate può modificare l’esito della dinamica epidemica.

  • Alcuni problemi geometrici non dipendono in dettaglio dalla forma degli oggetti coinvolti, ma piuttosto dal modo in cui questi sono connessi. Di questo si occupa una delle più importanti branche della matematica moderna: la topologia, dal greco, studio dei luoghi (tópos (luogo) -lógos (studio)). Più precisamente la topologia è lo studio delle proprietà che accomunano tra loro forme geometriche che non cambiano quando vengono deformate in maniera continua l’una sull’altra. Ad esempio un cubo e una sfera sono oggetti topologicamente equivalenti.

Teoria dei grafi classica

La teoria delle reti complesse è una evoluzione della teoria dei grafi, la cui origine viene fatta risalire alla celebre pubblicazione di Eulero del 1736 sui “Sette ponti di Königsberg”. La città di Königsberg, oggi nota come Kaliningrad, è attraversata dal fiume Preleggi e da suoi affluenti che formano due isole. La città ne risulta divisa in quattro parti, che erano tra loro da sette ponti, ed era famosa per un indovinello matematico ad essa associato, cioè se fosse possibile passeggiare seguendo un percorso che passasse su tutti i ponti una sola volta. L’indovinello restò irrisolto fino a che nel 1736 non destò l’attenzione di Eulero.
Schematizzando la città come un grafo dove ogni regione di terra è un nodo e ogni ponte una connessione, Eulero dimostrò facilmente che tale percorso non può esistere dato che il grafo ha quattro nodi, da ognuno dei quali escono un numero dispari di connessioni. Un percorso come quello richiesto ammette nodi con un numero dispari di connessioni solo all’inizio o alla fine del percorso, ne ammette quindi al massimo due. Il passaggio cruciale di Eulero fu di astrazione ed interpretazione del quesito come problema topologico, riconoscendo l’esistenza o meno del percorso come una proprietà intrinseca del grafo.

La teoria dei grafi classica si occupa principalmente di reti regolari e di reti casuali. Nelle reti regolari ogni nodo è connesso ad un numero fissato di nodi vicini come in una griglia. Queste reti sono caratterizzate da una forte aggregazione: nodi collegati ad un nodo dato tendono ad essere collegati tra loro. In altre parole c’è un’alta densità locale di connessioni, misurata dal coefficiente di aggregazione (clustering coefficient). Nei grafi casuali (Erdòs e Rènyi (1959)) coppie di nodi vengono collegate in modo completamente casuale da un numero dato di connessioni. Anche in questo caso i nodi hanno tutti circa lo stesso numero di vicini, che differisce di poco dal valore medio.

Reti reali di interazione: dai grafi classici alle reti complesse

Le reti regolari non somigliano affatto alle reti reali di interazione, le reti casuali ne catturano qualche aspetto, ma le reti complesse di interazioni hanno caratteristiche sostanzialmente diverse da entrambe queste classi di grafi. Vediamo come il tentativo di formulare modelli in grado di riprodurre le proprietà delle reti reali di interazione abbia prodotto l’evoluzione della teoria dei grafi classica nella moderna teoria delle reti complesse.

SMALL-WORLD

Nelle reti casuali, la distanza tra una qualunque coppia di nodi, definita come il numero di connessioni che li separano lungo il percorso più breve, è molto piccola rispetto al numero di nodi nella rete. Questa importante proprietà detta di “small-world” (piccolo mondo) era già stata osservata nelle reti sociali dove si può passare da un nodo ad un qualunque altro con un numero molto basso di passaggi. Il nome small-world è ispirato all’idea che qualunque persona possa essere “collegata” a qualunque altra attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari. Questa ipotesi, formulata nel 1929 dal romanziere ungherese Frigyes Karinthy e ripresa nel 1969 dal sociologo Stanley Milgram, è nota anche come teoria dei “sei gradi di separazione” (six degrees of separation).
Oggi sappiamo che questa proprietà non è peculiare delle reti sociali: praticamente tutte le reti reali di interazioni nei sistemi complessi hanno la caratteristica di small-world. Questa proprietà rende le reti molto efficienti in termini di velocità di propagazione dell’informazione. Le malattie infettive, ad esempio, si diffondono su una rete small-world molto più facilmente che su un reticolo regolare.

CLUSTERING

Un’altra caratteristica che era stata osservata inizialmente nelle reti sociali è la tendenza a mostrare dei raggruppamenti: nelle reti sociali sono spesso presenti delle comunità di individui tutti o quasi in relazione tra loro. Questa proprietà già nota come transitività in sociologia (Wassermann e Faust, 1994) è detta clustering ed è stata quantificata dal cosiddetto coefficiente di clustering (Watts e Strogatz, 1998), che misura essenzialmente quanti degli amici di un dato individuo siano anche a loro volta amici tra loro.
Le reti casuali somigliano alle reti di interazione per quanto riguarda la proprietà di small-world, tuttavia differiscono per un altro importante aspetto: il coefficiente di clustering di una tipica rete di interazione è di solito molto più grande di quello del random network corrispondente (ossia di una rete con lo stesso numero di nodi e legami, ma dove ciascun legame collega una coppia di nodi scelti a caso).

LA FORZA DEI LEGAMI DEBOLI

Nel capire come mettere insieme queste due proprietà (small-world e clustering) ha avuto un ruolo molto importante un celebre lavoro del sociologo Mark Granovetter dal titolo “The strength of weak ties” (La forza dei legami deboli, 1973). Granovetter intuì che nelle reti sociali i legami più importanti che mantengono insieme una rete sono, paradossalmente, i legami “deboli”: sono le conoscenze più superficiali a fare da ponte tra gruppi stretti di persone. Questa intuizione venne ripresa venticinque anni dopo (nel 1998) da Steven Strogatz e Duncan Watts. Ispirati dal lavoro di Granovetter, intuirono che è proprio la presenza di legami deboli tra comunità separate tra loro, ma internamente molto coese, a garantire l’effetto small-world, mentre i legami “forti” garantiscono l’aggregazione locale.

MODELLO DI WATTS E STROGATZ

Il modello di Watts e Strogatz nasce dal tentativo di unire le due proprietà di small-world e clustering osservate nelle reti di interazione. Watts e Strogatz studiarono reti reali di contatti in sistemi molto diversi tra loro, come la rete neurale del verme Caenorhabditis elegans, la rete elettrica degli Stati Uniti occidentali e la rete di collaborazione degli attori cinematografici. Realizzarono che la proprietà di small-world non appartiene solo alle reti sociali, ma anche a molte reti biologiche e tecnologiche. Osservarono che queste reti non somigliano né a grafi regolari né a grafi casuali, ma si trovano in qualche modo a metà tra questi due estremi: presentano una forte aggregazione, come le reti regolari (che però non sono small-world), ma sono small-world come una rete random (che però ha bassa aggregazione).
Ispirati dall’idea di Granovetter sull’importante ruolo dei legami deboli ipotizzarono che proprio i legami deboli potessero garantire la proprietà di small-world. Capirono anche che non è affatto necessario che i legami deboli siano numerosi, come in una rete random, ma che al contrario sono sufficienti poche connessioni di lunga distanza perché anche una rete sostanzialmente ordinata, quindi con alto clustering, veda diminuire drasticamente il suo “diametro”, cioè la distanza massima tra le coppie di punti, diventando small-world. Proposero dunque un modello di rete che interpola tra i due casi estremi di una rete regolare e di una rete completamente casuale.
Nel modello di Watts e Strogatz, partendo da una rete regolare, alcune connessioni vengono riallacciate in maniera casuale creando delle “scorciatoie”, o “shortcuts”. Se indichiamo con p la frazione di legami riallacciati: per p uguale a zero la rete è regolare, per p uguale a 1 la rete è completamente random. Per valori di p intermedi si ottengono reti con alto clustering che contemporaneamente sono small-world. L’influenza degli shortcuts è drammatica anche quando p è piccolo: riallacciando anche un solo link si può dimezzare il diametro della rete. Sono proprio queste connessioni riallacciate, questi cortocircuiti, i “legami deboli” di cui parla Granovetter, che sono in ultima analisi responsabili dell’effetto small-world.

Da sinistra a destra: i) Un reticolo regolare in 2 dimensioni, ogni nodo ha 4 vicini ii) una rete random, i nodi sono collegati tra loro in maniera casuale, ogni nodo ha circa lo stesso numero di vicini iii)una rete small-world, intermedia tra le prime due, solo una piccola frazione dei legami del reticolo regolare viene rotta e riallacciata in modo casuale iv) una rete scale-free, di cui si parla più avanti, con link casuali, ma allacciati in modo tale che la distribuzione del numero di vicini sia molto eterogenea, molti nodi hanno pochi vicini, pochi nodi ne hanno molti.

RETI SCALE-FREE E MODELLO DI BARABÁSI-ALBERT

Le reti generate dal modello di Watts-Strogatz sono reti small-world ad elevata connettività e somigliano dunque molto alle reti di interazione di un sistema complesso per quanto detto fino ad ora. Tuttavia, si discostano da molte di esse per quanto riguarda la distribuzione del grado, ossia del numero di vicini, cioè la probabilità che un nodo scelto a caso abbia un certo valore del grado. Le reti prodotte dal modello di Watts-Strogatz sono omogenee: il numero di vicini di un nodo è circa lo stesso per tutti i nodi, e si discosta di poco dal valore medio (il grado è distribuito secondo la distribuzione cosiddetta di Poisson). Nella maggior parte delle reti reali la distribuzione del grado devia invece in modo significativo da una distribuzione di questo tipo. In molti casi, come per il World Wide Web, per la rete dei router di Internet, o per le reti metaboliche, la distribuzione del grado è fortemente disomogenea, e segue una cosiddetta “legge a potenza” (power-law): ci sono molti nodi con poche connessioni e pochi nodi con molte connessioni. Più precisamente, la frazione di nodi che ha un dato grado k è proporzionale ad una potenza negativa di k. Questa particolare legge vale indipendentemente dalla scala, ossia dal numero di nodi della rete che si osserva. L’esponente che compare nella legge a potenza è diverso in reti differenti, ma risulta quasi sempre compreso tra -1 e -3. La scoperta di questa ulteriore caratteristica delle reti di interazione ha portato alla elaborazione di modelli di rete cosiddetti scale-free, il più celebre dei quali è quello proposto da A.L. Barabási e R. Albert (1999).
L’idea alla base del modello di Barabási-Albert è di ragionare su come la rete si è formata tramite aggregazione successiva di nodi. Barabási e Albert fanno un’ipotesi molto semplice sulla crescita della rete e cioè che quando nuovi nodi si aggiungono, si collegano con maggiore probabilità a nodi già ricchi di connessioni (“preferential attachment”). Questa semplice ipotesi dà luogo ad un fenomeno noto come “rich get richer” (i ricchi diventano ancora più ricchi). In ambito economico questo stesso meccanismo si manifesta nella famosa legge di Pareto per cui la ricchezza tende a concentrarsi nelle mani di pochi individui molto ricchi mentre è molto scarsa nel resto della popolazione. L’economista Vilfredo Pareto osservò infatti che la ricchezza è distribuita in modo fortemente eterogeneo, proprio secondo una legge a potenza. Nel caso delle reti, questo meccanismo si manifesta matematicamente nella distribuzione a potenza del grado dei nodi. La topologia di queste reti scale-free è dominata da un numero piccolo di nodi molto importanti e molto collegati, detti “hub”, che uniscono il resto degli elementi meno connessi del sistema. Sono gli hub questa volta, accorciando tutte la distanze tra coppie di nodi, a garantire alla rete la proprietà di small-world.

Due tipi di small world: omogenee, eterogenee

Nonostante nella maggior parte delle reti di interazione il grado sia distribuito in modo eterogeneo secondo una legge a potenza, le reti immaginate da Watts e Strogatz non sono solo un esercizio matematico: esistono infatti vari esempi di reti di interazione omogenee. Ad esempio le reti neurali e varie reti di trasporti (stradali e ferroviarie) non hanno hub, ed hanno una distribuzione del grado piuttosto omogenea.
In generale, le reti mostrano un carattere omogeneo quando qualche tipo di vincolo si oppone alla crescita illimitata del numero di collegamenti per un dato nodo. Il vincolo può essere di tipo geografico, come in alcune reti di trasporto, o di altra natura: in alcuni casi, durante la crescita di una rete, le connessioni preesistenti ostacolano il formarsi di nuovi legami e dunque il grado satura su una valore massimo oltre il quale l’efficienza della rete diminuisce. Ad esempio, nel caso del trasporto aereo, la rete dei collegamenti aerei è cresciuta inizialmente senza limitazioni sul traffico aeroportuale portando al formarsi di grossi hub che collegavano ad un gran numero di destinazioni. Nel tempo, con il sovraffollamento e la congestione del traffico dei grandi aeroporti, piccoli aeroporti secondari hanno cominciato a competere con i grandi, portando la rete aerea verso una topologia più egualitaria.

Effetto della topologia sulla dinamica

L’interesse nello studio delle caratteristiche topologiche delle reti di interazione è legato al fatto che queste proprietà si riflettono sulla dinamica dei processi che si svolgono sopra di esse. I modelli di reti che riescono a riprodurre le caratteristiche topologiche delle reti di interazione reali, sono alla base dello studio di processi dinamici che avvengono su tali reti, e ne riproducono le proprietà. In particolare le reti scale-free risultano estremamente robuste rispetto a “guasti” casuali, cioè all’eliminazione casuale di un certo numero di nodi. Viceversa, risultano particolarmente fragili rispetto ad attacchi mirati che colpiscano in modo intenzionale specifici nodi della rete. Per esempio nella rete Internet la scomparsa di nodi singoli, poco connessi, è molto frequente, ma non inficia in alcun modo il funzionamento regolare del resto della rete. Al contrario l’attacco mirato ad alcuni grossi hub può portare (ed ha portato più di una volta) ad oscurare l’intera rete.
Un processo semplice ma fondamentale per lo studio di molte dinamiche su reti è la diffusione. Nei processi diffusivi la struttura della rete può far sì che si inneschino dei veri e propri processi a catena, o “cascate” di eventi. Un esempio di evento a cascata è quello che causa i black-out delle reti elettriche. In quel caso, il malfunzionamento di un singolo nodo della rete può causare un aumento di carico sui nodi adiacenti, alcuni dei quali possono superare la loro soglia massima di carico, ed aggravare a loro volta i nodi vicini e così via. La catena di eventi che, a partire dal malfunzionamento di un singolo nodo, porta ad un black-out della rete non è necessariamente causata dalla scarsa capacità dei singoli nodi, ma dal modo in cui questi sono disposti nella rete. Fenomeni simili in economia sono responsabili di crolli di borsa (per esempio la crisi americana del 1929 o quella in Estremo oriente del 1997).
In epidemiologia la struttura della rete sociale di contatti è essenziale nel determinare se la diffusione di un agente patogeno raggiungerà o meno proporzioni pandemiche. Conoscere la struttura della rete sociale può permettere di progettare strategie di immunizzazione mirate a minimizzare la diffusione. Nelle scienze sociali la propagazione di una notizia (o di una falsa notizia) segue dinamiche simili. Nel determinare strategie di marketing, individuare gli individui più influenti (hub), in grado di causare “valanghe” di cambiamenti di opinione con il massimo impatto su tutta la rete, serve a rendere efficaci meccanismi di diffusione tramite passa parola.

Altre applicazioni

Oltre alle applicazioni relative alle reti sociali tecnologiche ed infrastrutturali ai quali si è accennato sopra, un altro campo dove la teoria delle reti ha acquistato grande rilevanza è lo studio dei sistemi biologici. I sistemi biologici sono organizzati in modo gerarchico con reti di “moduli” interagenti a vari livelli, dagli ecosistemi alle reti di connessioni sinaptiche tra neuroni, fino alle reti geniche e metaboliche. Anche in questo caso la struttura di queste reti è fondamentale per comprendere in modo sistemico la dinamica dei processi biologici.
Alcuni esempi di reti biologiche sono le catene alimentari in un ecosistema, dove le specie interconnesse tramite la relazione predatore-preda; le reti di regolazione genica, in cui i nodi sono geni, proteine, RNA messaggeri, e i legami rappresentano l’effetto di attivazione o repressione da parte di un elemento sull’attività di un altro; le reti di interazione proteica, dove due proteine sono collegate se interagiscono fisicamente o funzionalmente tra loro; le reti metaboliche, dove i nodi sono le sostanze chimiche, che sono collegate se partecipano alla stessa reazione biochimica. Così come nelle altre reti descritte in precedenza, alcuni nodi sono altamente connessi, come ad esempio quelle molecole che hanno ruolo chiave nel metabolismo e partecipano alla gran parte delle reazioni metaboliche.
Queste reti di ispirazione biologica somigliano alle altre reti complesse non solo dal punto di vista topologico, ma anche per le caratteristiche di resilienza e vulnerabilità. Ad esempio, molti organismi viventi risultano essere straordinariamente robusti rispetto a mutazioni genetiche, una proprietà detta omeostasi: in molti casi la mutazione o totale soppressione di un gene a caso comporta solo un trascurabile, o del tutto nullo, effetto fenotipico, cioè manifesto. Come nel caso delle reti tecnologiche, mutazioni che coinvolgono alcuni particolari geni possono invece avere conseguenze molto importanti. Questo è il caso, ad esempio, del gene soppressore tumorale p53 che è mutato in circa la metà dei tumori umani. Analogamente, gli ecosistemi possono facilmente sopravvivere all’estinzione di alcune specie a caso, tuttavia l’eliminazione di specie più connesse e centrali nella rete predatore-preda può causare la scomparsa dell’intero ecosistema.